Fluido.


Stasera mi sono messo a studiare. Ho finalmente ultimato la mia scrivania a casa. Da quando ho fatto i lavori in casa ho tenuto lontana l’idea di dedicare un piccolo angolo al computer; “non mi serve, ce l’ho già in ufficio”. Tutti i torti non li avevo, però ho pensato che ho sempre vissuto il computer sempre e solo legato al lavoro o al fare-fare-fare, all’attività, alla produttività, al giorno, a quel lato un po’ più yang, se vogliamo spingerci così lontano.Poi arrivò lo Smart Working e trovai la sistemazione semplice e perfetta per la mia casa, che risuona con il mio essere.

Ho trovato il posto anche per un oggetto che mi ha affascinato fin da quando ero bambino, la lava lamp. Oggetto ormai démodé e spesso definito kitsch, attirò la mia attenzione quando mia zia Cristina me ne regalò una per Natale (o compleanno, non ricordo) quando avrò avuto si e no 6 anni.

Me la ricordo, la forma era di un grosso proiettile, la base e la punta color bronzo chiaro spazzolato, liquido trasparente e cera rosso fuoco, il tutto reso funzionante da una modestissima lampadina a incandescenza da 60W.

Passavo le serate al buio di camera mia, immerso in questo alone di luce rossa lattiginosa, coi gomiti sul tavolo e testa fra le mani, affascinato dal movimento ipnotico delle bolle.

Quella lampada andò persa nel tempo, ma ventotto anni dopo mi ritrovo in un’altra casa, in un altro contesto, in altre dinamiche di vita, seduto a una scrivania a studiare, e in un angolo -stabile e ribollente- una lava lamp.

E’ diversa da quella di allora. E’ cilindrica come forma, la base leggermente più larga della cima, la parte centrale un po’ strozzata. Anche i colori riflettono il contesto attuale. Dalla base partono in orizzontale le strisce di una bandiera arcobaleno, la cui fascia arancione è rappresentata dalla cera arancione/rossa, che è a sua volta immersa in un liquido tendente al viola.

E lei è lì, in un angolino, a gettare un bagliore rosso sul muro adiacente, con le sue bolle che placide fanno il loro lavoro. Trovo che abbia un potentissimo effetto calmante ma ricco di mistero, un richiamo all’arcaico, qualcosa di primordiale, senza forma, embrionale. Questo suo non aver forma definita potrebbe essere anche inquietante per una mente fortemente dedita al controllo: potrebbe sentirsi spiazzata, ha bisogno di dargli una forma, un’etichetta…queste bolle informi che si muovono potrebbero celare chissà che cosa, queste masse informi che si muovono di loro sponte in maniera imprevedibile possono prendere la forma dei miei peggiori incubi.

Oppure.

Oppure potrebbe essere proprio quel movimento randomico, di quelle masse informi che tutto possono (forse), che salgono e scendono seguendo un ciclo perpetuo, l’esercizio perfetto per imparare a guardare quelle bolle dall’esterno, senza lasciarsi trascinare dal loro turbinio.

Magari rimangono lì, innocue, a sincronizzarsi con il respiro, a muoversi, e dobbiamo solo accettare che ci sono.